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Protesi al gomito

Domanda:

Potreste parlare delle protesi al gomito?

Risposta:

Volendo proseguire il discorso sulle protesi trattato qualche mese fa, oggi ci si concentrerà su una parte fondamentale del corpo, nonché una delle maggiormente sollecitate nelle azioni quotidiane: il gomito. Brevemente, si tratta dell’articolazione posta nel punto di congiunzione del braccio e dell’avambraccio, con il compito di allungare e accorciare, secondo necessità, l’arto superiore, per esempio in un’azione semplicissima e di routine come quella di portare il cibo alla bocca.  L’unico osso del braccio, cioè la porzione dell’arto superiore compreso fra spalla e gomito, si chiama omero; le ossa dell’avambraccio sono invece due, ulna e radio. Ecco quindi che nell’articolazione del gomito si trovano coinvolte tre ossa: l’estremità inferiore dell’omero e quelle superiori di radio e ulna. Si tratta di un’articolazione complessa in quanto comprende tre articolazioni indipendenti, racchiuse in una capsula articolare, con una sinovia e un apparato legamentoso in comune.

Andando oltre questa parentesi anatomica, si cercherà di comprendere quando e perché si rende necessario un intervento di protesi al gomito.

Protesi al gomito

Protesi al gomito

La protesi al gomito nasce fondamentalmente per alleviare il dolore del paziente e si rende necessaria quando l’articolazione è giunta a un consumo completo e irreversibile, non è invece assolutamente prevista come chirurgia preventiva. Le cause più comuni che possono indurre a ricorrere a un intervento del genere sono soprattutto l’artrosi (nel caso del gomito soprattutto post-traumatica, ad esempio a seguito di frattura) e l’artrite reumatoide, una malattia del sistema immunitario che aggredisce le cartilagini. In ultimo, va aggiunta un’eventuale frattura del gomito in persone molto anziane.

 

 

Tecnicamente, la protesi impiantata nel gomito altro non è che un giunto mobile che permette il movimento senza più percepire il dolore causato dallo sfregamento osso su osso dell’articolazione consumata. In pratica, le parti usurate del gomito vengono sostituite da parti artificiali ed è come se si introducesse nel gomito un cardine che possa garantire un movimento liscio e senza dolore.

Il paziente che ha subìto un intervento di protesi al gomito sentirà ovviamente un gran beneficio rispetto al periodo pre-intervento, quando probabilmente non riusciva a piegare o estendere il gomito senza avvertire un dolore lancinante. Va però anche ricordato che questo tipo di intervento chirurgico resta comunque, ancora oggi, piuttosto raro, nonostante le tecnologie/tecniche avanzate e i materiali sempre migliori: questo fondamentalmente perché dopo un intervento di protesi di gomito il paziente soffrirà di una limitazione di tipo funzionale che non permette il sollevamento di più di 3-5kg (tradotto nelle pratiche quotidiane significa non poter sollevare un bimbo oppure le buste della spesa o ancor meno delle confezioni d’acqua). In questo senso, oggi si tende a ritardare il più possibile l’intervento, soprattutto nei pazienti giovani, per lo meno fin quando non diventa davvero indispensabile, mentre è negli over 65 che la protesi risulta maggiormente impiantata.

 

Riabilitazione post-operatoria

Com’è facile immaginare, dopo l’intervento è necessario rispettare un periodo di particolare cautela nell’utilizzo dell’arto operato, la cui durata viene stabilita caso per caso e durante il quale è prescritto l’uso di una gomitiera. A seconda del tipo di intervento, della protesi impiantata, della tecnica chirurgica utilizzata e delle condizioni della cute, si valuta nel post-operatorio come posizionare il gomito e quando iniziare la terapia riabilitativa. Il paziente viene istruito, nel periodo post-operatorio, a eseguire a casa esercizi di mobilizzazione auto-assistita del gomito in flesso-estensione e prono-supinazione con tempi e modi che variano da paziente a paziente. In generale, un aspetto fondamentale per evitare complicazioni anche gravi è di proteggere costantemente la protesi evitando il sollevamento di pesi superiori ai 5 kg, ma va detto onestamente che tale raccomandazione troppe volte non viene rispettata dai pazienti, i quali si sentono, soprattutto col passare del tempo, eccessivamente confidenti nel proprio arto “rigenerato”, con tutti i rischi che ciò comporta.