Domanda:
Mio padre, una persona anziana, è stato sottoposto ad intervento per frattura del polso. In cosa consiste il percorso riabilitativo?
Risposta:
Nell’articolo odierno si vuole incentrare il discorso su un trauma molto invalidante, la frattura del polso, che accade tutt’altro che di rado nelle persone (basti pensare che questo tipo di frattura rappresenta addirittura il 17% delle fratture totali trattate in pronto soccorso), aspetto quest’ultimo che è possibile sperimentare in prima persona nelle due sedi di NMS Fisioterapica, in zona Portuense e Monteverde.
Innanzitutto, è bene ricordare che il polso è un insieme di due articolazioni (radio-carpica e mediocarpica) che unisce mano e avambraccio e che permette i movimenti di flesso-estensione della mano sull’avambraccio stesso.
La gran parte delle condizioni patologiche che si presentano relativamente a tale articolazione si possono ricondurre a eventi di tipo traumatico/accidentale, basti pensare alla dinamica di una classica caduta e al fatto che, per riflesso e per protezione, si mettono le mani in avanti generando un impatto col suolo più o meno violento: in tal caso potrebbe generarsi una frattura del polso, di norma a discapito dell’articolazione radio-ulnare-distale.
Le persone maggiormente colpite da tale trauma sono gli anziani, a causa dell’indebolimento della struttura ossea o dell’osteoporosi, ma può capitare ovviamente anche a molti giovani/adulti, soprattutto durante attività sportive. Nel caso di frattura o sospetta tale, è importante non perdere tempo e farsi visitare da un ortopedico che eseguirà una visita con annesso esame radiologico.
I sintomi che possono allertare la persona che ha subìto un trauma sono certamente il dolore quando si flette il polso, il gonfiore (ma questo non sempre è presente), lividi e deformità della parte interessata, formicolio alle dita e insensibilità. In base all’entità della lesione che viene diagnostica, e a seconda che questa sia composta o scomposta (nel primo caso le ossa interessate restano nella loro naturale posizione, nel secondo caso queste vanno invece a contatto con l’esterno), si valuterà se procedere con l’intervento chirurgico (per i casi più gravi) oppure con una terapia conservativa, per la quale potrebbe essere prevista un’ immobilizzazione tramite gesso.
A prescindere da quale sia la scelta effettuata, risulta di fondamentale importanza seguire un protocollo di riabilitazione ben strutturato e ad hoc per il paziente e per il problema da trattare.
In linea generale, laddove non siano presenti problematiche particolari, la fase riabilitativa prevede dei trattamenti che hanno l’obiettivo di diminuire il gonfiore e il dolore nel paziente: ciò è possibile grazie alle terapie fisiche antalgiche e antinfiammatorie, quali: la laserterapia, la tecarterapia, i bendaggi compressivi e la crioterapia in caso di edema, così come la magnetoterapia utile per la rigenerazione dell’osso. Parallelamente alla fisioterapia, il lavoro di mobilizzazione da parte del paziente è altrettanto importante e deve essere costante, in quanto serve ad evitare la rigidità articolare. Di norma, una frattura si salda in 6-8 settimane dopo un intervento oppure dopo 30-40 giorni di ingessatura e, successivamente a questo periodo, sarà possibile iniziare gli esercizi di rinforzo muscolare a vantaggio delle dita, sempre uniti a quelli di mobilizzazione attiva dell’articolazione.