Domanda:
Soffro di dolore all'alluce, cosa che mi provoca problemi di deambulazione. Mi è stato detto che potrebbe trattarsi di alluce rigido, di cosa si tratta?
Risposta:
Oggi si vuole proseguire con il tema dell’ultimo articolo, restando quindi sull’importanza dell’alluce e delle sue funzionalità che possono essere limitate da alcune patologie invalidanti. Tra queste, una di cui moltissime persone soffrono è certamente il cosiddetto alluce rigido. A differenza dell’alluce valgo, questa è più frequente negli uomini che nelle donne: si tratta, in sostanza, di una patologia infiammatoria-degenerativa a carico dell’articolazione metatarso-falangea, caratterizzata da una riduzione della mobilità dell’alluce associato a dolore, spesso tanto acuto da impedire una corretta deambulazione nel paziente che ne soffre.
Le cause più comuni dell’alluce rigido si ravvisano nell’invecchiamento delle cartilagini, nei soggetti colpiti da artrosi o da artrite reumatoide, oppure a seguito di microtraumi ripetuti.
Volendo fornire qualche breve cenno anatomico, è utile ricordare che l’articolazione metatarso-falangea sopracitata si colloca tra la testa del primo osso metatarsale e la base della prima falange prossimale, essendo ogni dito del piede formato di ossa denominate falangi (sono due nell’alluce, tre nella altre dita), e considerando che la prima falange di ciascun dito si articola con un osso posizionato subito prima, che è per l’appunto l’osso metatarsale (in ogni piede ci sono, quindi, 5 ossa metatarsali, cioè uno per dito). Fra questo osso e la falange si trova l’articolazione, racchiusa in una capsula articolare.
I sintomi comuni di un paziente che soffre di alluce rigido sono un forte dolore nella zona del dorso dell’alluce, mentre la prima articolazione metatarso-falangea risulta tumefatta e rigida, con limitazione nei movimenti. La semplice azione di sollevare l’alluce risulta spesso impossibile, o comunque fortemente dolorosa, così come anche camminare, correre o indossare scarpe che comprimono quella parte.
Una diagnosi accurata è possibile grazie a un esame radiografico, che mostrerà lo stadio dell’infiammazione e il livello di rigidità dell’alluce: al primo stadio, definibile come lieve, si ha una riduzione del 10-25% della motilità, con alterazioni anatomopatologiche limitate; al secondo stadio, moderato, la riduzione è del 50-60%; infine all’ultimo stadio, il più grave, si ha una riduzione oltre il 70% fino all’anchilosi (in tal caso il dolore talmente forte non permette nemmeno la palpazione della zona, con blocco totale del movimento e un’artrosi globale (più osteofiti) dell’articolazione visibile attraverso la radiografia.
I primi due stadi possono essere trattati attraverso una terapia conservativa, fatta di fisioterapia (terapie locali come laser e tecar aiutano a ridurre l’infiammazione) e antinfiammatori, oltre al riposo e al ghiaccio applicabile sulla zona interessata.
Gli obiettivi che la fisioterapia si pone riguardo ai pazienti con alluce rigido sono molteplici: riduzione del dolore, recupero della mobilità, rieducazione del passo e posturale, miglioramento della contrazione muscolare grazie a esercizi attivi che il paziente potrà svolgere in autonomia a casa.
Una volta che l’infiammazione acuta si è ridotta, si può proseguire con una rieducazione funzionale, basata su terapie manuali che hanno lo scopo di mobilizzare passivamente l’articolazione al fine di recuperare i gradi di movimento e rendere meno rigido il tratto. Nel caso si sia giunti già al terzo stadio, purtroppo, è necessario valutare di ricorrere a un intervento chirurgico, effettuando una protesi della prima articolazione metatarso-falangea con lo scopo di eliminare il dolore. Va tenuto in considerazione il fatto che, a seguito dell’intervento, il movimento potrebbe comunque essere del tutto compromesso a seconda del grado di artrosi.