Domanda:
Quale trattamento riabilitativo mi consigliate di effettuare per uno strappo muscolare?
Risposta:
Oggi si vuole trattare un argomento stra-noto a tutti ma che, proprio per la sua alta percentuale di incidenza, merita un minimo di approfondimento: ci si riferisce agli strappi muscolari, eventi traumatici molto diffusi che si caratterizzano per un improvviso e rapido allungamento del muscolo coinvolto che crea una sorta di taglio (o meglio lesione) nella superficie muscolare.
Quando questi avvengono, la sensazione che subito si avverte è la cosiddetta “puntura” molto forte che ci sembra di percepire nella parte interessata, talvolta paragonabile a una sorta di sassata. Lo strappo muscolare avviene quando le fibre muscolari non sono in grado di far fronte al sovraccarico che si è generato, come ad esempio nel corso di attività sportive che richiedono movimenti “esplosivi”, quali atletica, calcio, basket, sollevamento pesi ecc., ma ciò non esclude che possa accadere anche nel corso di normali attività quotidiane.
In sostanza, l’impulso nervoso parte dal nostro cervello e giunge al muscolo scheletrico (quel muscolo che riveste lo scheletro e che l’essere umano può controllare) che, con eccezionale rapidità, risponde allo stimolo azionando il movimento: se però il muscolo non è pronto in quel preciso istante ad affrontare quel determinato sforzo in allungamento può avvenire lo strappo. I muscoli colpiti possono essere i più svariati, ma quelli maggiormente interessati sono quelli degli arti inferiori (flessori, quadricipite, bicipite femorale, adduttore, gemello) e degli arti superiori (deltoide, pettorale, tricipite brachiale), più rari invece in zona addominale e nella colonna.
Nel (certamente poco felice) momento in cui ci si rende conto di aver subito uno strappo, è bene non perdere tempo e procedere con le analisi del caso, in quanto occorre valutare il prima possibile l’entità dello strappo muscolare che può essere di 3 gradi. Nel primo grado, le fibre ad essere danneggiate sono poche (di solito max il 6-7% del totale) e la leggera lesione potrebbe consentire di proseguire l’attività fisica, nonostante ciò è fortemente consigliato di fermarsi per qualche giorno, considerando che in media in 2-3 settimane si guarisce in autonomia senza bisogno di terapie. Nel secondo grado, invece, il numero di fibre lesionate è maggiore, il dolore è ovviamente forte e c’è presenza di ematoma visibile che indica l’avvenuto danno vascolare: in tal caso bisogna ricorrere a diagnosi e conseguente trattamento riabilitativo che, come sempre, varia a seconda della regione interessata e al soggetto che lo ha subìto. In linea di massima, comunque, cure fisioterapiche molto utili sono la laserterapia, ipertermia, la tecar e gli ultrasuoni associati a kinesiotaping, in quanto l’insieme di tali cure svolge la funzione di velocizzare e ottimizzare la cicatrizzazione, oltre che drenare il versamento e restituire integrità al muscolo. Infine, nell’ultimo grado di lesione, il terzo, si evidenzia tumefazione, ecchimosi e anche avvallamento nella sede della lesione che sottolinea l’avvenuto distacco delle fibre. Questo tipo di lesione, nel caso di completo distacco delle fibre, può richiedere il bisogno di un trattamento chirurgico specifico che possa limitare i danni funzionali. Nel caso di distacco parziale, invece, sarà sufficiente una buona fisioterapia ma con tempi di recupero ovviamente sostanziosi, all’incirca stimabili in due mesi.