Domanda:
Sono stata sottoposta ad intervento alla cuffia dei rotatori, cosa fare per la riabilitazione post-intervento?
Risposta:
Nell’ultimo articolo si era parlato della cuffia dei rotatori e dei problemi molto spesso legati a questa fondamentale parte del nostro corpo che ci permette di muovere la spalla. Com’è stato spiegato, in moltissimi casi è oggi possibile evitare di ricorrere a un intervento chirurgico anche in caso di dolore, di infiammazione dei tendini o addirittura di una lesione della cuffia stessa.
È altrettanto vero, però, che in alcuni casi l’intervento chirurgico risulta assolutamente inevitabile. Oggi ci occuperemo di questa specifica casistica e dell’importanza della riabilitazione in un paziente che ha subìto un intervento alla cuffia dei rotatori.
In prima analisi, va sottolineato come il trattamento riabilitativo dopo un intervento di riparazione alla cuffia dei rotatori debba essere differenziato a seconda dell’entità della lesione e della qualità della riparazione ottenuta.
Il principale obiettivo è, infatti, di non forzare bensì di assecondare i tempi naturali di riparazione dei tessuti. Per tale ragione, è utile suddividere il percorso riabilitativo in fasi temporali ben definite e con dei tempi indicati che, ovviamente, sono sempre indicativi ma mai rigidi in quanto relativi a molteplici fattori quali: l’età del paziente, l’esordio e l’entità della lesione, la richiesta di lavoro, il livello di attività che il paziente desidera e infine il cosiddetto potenziale della riabilitazione che deriva dall’effettiva motivazione del paziente.
Le fasi iniziali sono sempre caratterizzate da una mobilizzazione passiva, senza impegno della muscolatura riparata, per poi proseguire verso una seconda fase (in cui si ha la certezza della guarigione della riparazione) nella quale si passa a un movimento attivo e a un incremento dell’intensità di lavoro.
Bisogna tenere bene a mente che nella riabilitazione post-intervento occorre evitare in ogni modo di forzare la spalla scatenando il dolore, in quanto ciò che va ricercato è un recupero articolare non doloroso, seppure questo dovesse comportare un ritardo del lavoro attivo, perché tanto una spalla dolente ritarderebbe comunque il recupero.
Volendo quindi riassumere le fasi del percorso riabilitativo senza scendere eccessivamente in dettagli tecnici, si potrebbe descrivere un processo di 3 fasi fondamentali (anche queste sono indicative, a seconda dei casi se ne possono delineare anche 4):
- (0-6 settimane) Gli obiettivi sono di protezione nei confronti della sutura e di diminuzione del dolore e dell’infiammazione, oltre che di aumento della motilità articolare nei limiti che il dolore permette; si vogliono evitare tutti gli effetti negativi legati all’immobilizzazione. Il professionista cerca in questa fase iniziale piuttosto delicata di “educare” e informare il paziente sulla patologia per renderlo più consapevole.
- (6-12 settimane) Sempre mantenendo il controllo del dolore e riducendo quello residuo, si ricerca un recupero completo dell’articolarità passiva su tutti i piani, e di quella attiva ai gradi intermedi del range articolare; inizia a migliorare la forza muscolare e anche il controllo neuromuscolare.
- (12-26 settimane) I requisiti necessari all’inizio di tale fase sono il raggiungimento di un’articolarità completa senza dolore, un buon controllo neuromuscolare assieme alla forza muscolare.
Gli obiettivi sono di nuovo improntati all’aumento della forza e potenza muscolare, ultimando il controllo propriocettivo con eventuale recupero della gestualità sportiva (in presenza di pazienti giovani). Si raggiunge il recupero completo dell’articolarità passiva su tutti i piani.