Domanda:
Ho un dolore localizzato nell'area del tendine d'Achille. Quale trattamento fisioterapico mi consigliereste?
Risposta:
Il tendine d’Achille è il più forte e più grande del nostro organismo, basti pensare che riesce a sopportare forze di trazione di 300 kg. Abbiamo già visto che per tendine si intende quella parte composta da tessuto connettivo fibroso e dotato di una notevole flessibilità ed elasticità, essendo ad alto contenuto di collagene, che collega il muscolo all’osso, in questo caso specifico i muscoli del polpaccio, il soleo e il gastrocnemio, con l’osso posteriore del piede, noto come calcagno.
Il tendine d’Achille inizia all’incirca a metà del polpaccio e misura circa 5-6 mm di spessore, per una lunghezza di circa 15 cm, ed è anche visibile a occhio nudo in un breve tratto di pochi centimetri, poco prima del suo inserimento sul calcagno, per intenderci alla stessa altezza dei malleoli della caviglia. Si tratta di una parte del corpo molto importante che ha un ruolo cardine nella locomozione, permettendo sia il movimento di sollevamento del tallone e abbassamento dell’avampiede, detto plantarflessione del piede, che tutti noi facciamo quando ci solleviamo in punta dei piedi, sia la flessione della gamba sulla coscia. Inoltre, esso è deputato a sostenere e assorbire le forze di tensione e le potenti sollecitazioni, create dal movimento dell’arto inferiore, per esempio in occasione di una camminata, una corsa o un salto.
Un punto “debole” di questo tendine è certamente la sua irrorazione sanguigna: l’apporto di sangue ossigenato al tendine è abbastanza scarso e soprattutto è mal vascolarizzato nella parte intermedia.
Quest’ultimo fattore sicuramente non aiuta a prevenire eventuali infortuni/infiammazioni che, nel caso del tendine d’Achille, sono purtroppo molto frequenti e davvero dolorosi.
Le situazioni più comuni che possono costringere un soggetto a sospendere le attività motorie a causa del dolore percepito sono due: l’infiammazione del tendine, nota come tendinopatia, che si divide in inserzionale (zona interessata del tendine d’Achille che si inserisce sul calcagno) e non inserzionale (interessa il corpo tendineo); oppure la rottura del tendine, che molti atleti descrivono come una sorta di “sassata/bastonata” nel punto in cui avviene, e che a volte non è nemmeno facile da diagnosticare in quanto è confondibile con un comune strappo muscolare. La rottura colpisce maggiormente soggetti di sesso maschile, in un’età compresa tra i 25 e i 50 anni e negli sportivi accade molto spesso a fine carriera.
Di fondamentale importanza, nel caso di dolore localizzato nell’area del tendine d’Achille, è senza dubbio riconoscere tempestivamente il problema e intervenire al più presto, in quanto è dimostrato che un ritardo non solo allunga i tempi di recupero, ma abbassa anche la qualità del risultato finale.
Parlando di cure e rimedi agli infortuni al tendine d’Achille si può affermare che, per quel che concerne le tendinopatie, è molto alta la probabilità di eliminare il dolore grazie a un trattamento conservativo solitamente della durata di circa 6 mesi, riducibile poi a seconda della gravità della situazione. Per chi intraprende questa strada è fondamentale eseguire assiduamente esercizi di stretching e l’adozione di calzature molto ammortizzanti, sia in contesti sportivi che non. Possono fornire anche un valido contributo il ghiaccio, gli antinfiammatori e le onde d’urto, efficaci soprattutto con la tendinopatia inserzionale che presenta delle calcificazioni.
Parlando invece della dolorosissima rottura del tendine, occorre valutare nell’immediato con un ortopedico specialista l’entità del problema, per poi decidere se è necessario o meno un intervento chirurgico (alcuni medici sono pro intervento, altri propendono per il trattamento conservativo), certamente se si parla di atleti professionisti, questi prediligono il trattamento chirurgico in quanto i tempi di recupero sono più brevi rispetto al conservativo. In generale, dopo l’intervento sarà consigliato un tutore tipo walker per circa un mese, dopodiché si comincerà la fase riabilitativa. Differentemente, la procedura non chirurgica consiste in un apparecchio gessato o tutore tipo walker per circa 2-3 mesi, oltre alla fisioterapia da fare sia con uno specialista che in autonomia.