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Metatarsalgia

Domanda:

Quali trattamenti sono consigliati a chi soffre di metatarsalgia?

Risposta:

Se si dovesse stilare una classifica del dolore/fastidio più acuto e insopportabile, andrebbe certamente inserito fra le prime posizioni quello ai piedi, soprattutto in alcuni periodi o situazioni della nostra vita, e ancor più quando tale dolore viene percepito come una sorta di scarica intermittente nella zona anteriore del piede, al livello della pianta o del dorso, vicino alla base dell’alluce cioè dove si trovano le ossa metatarsali (le equivalenti delle ossa del metacarpo della mano), magari mentre si corre o anche solo durante una camminata.

Se ci si trova ad affrontare questo tipo di dolore, non è improbabile che si possa trattare di una patologia nota come metatarsalgia: già solo analizzando l’origine del lessema si capisce il suo significato, ossia il dolore (-algia) proprio nei metatarsi.

Metatarsalgia

Questa patologia è comune sia tra gli uomini che nelle donne di tutte le età, probabilmente queste ultime sono un po’ più soggette per il fatto delle calzature a volte poco comode che indossano, magari per molte ore al giorno (si pensi alle scarpe col tacco a punta stretta) e che comprimono le ossa metatarsali, costringendo il piede ad assumere una dinamica del passo che non è in linea con la propria morfologia. Il peso del corpo dovrebbe, in condizioni “normali”, passare dal tallone all’avampiede, mentre camminando con i tacchi avviene un impatto contemporaneo al suolo di tallone e punta che porta le teste metatarsali a subire un carico eccessivo per il quale queste non sono “pronte”.

Oltre al tipo di calzature, altri fattori di rischio evidenziati per la metatarsalgia sono: sport che implicano sovraccarico per i piedi (es. runners), traumi, sovrappeso, cause anatomiche quali mal posizionamento delle ossa, anomalia nella lunghezza dei metatarsi, il piede cavo, l’alluce valgo ma anche cause non biomeccaniche come la presenza di patologie reumatiche tra cui artrite reumatoide, artrite settica ecc.

A prescindere da quale sia il fattore scatenante, comunque, è bene in presenza dei sintomi sopracitati recarsi da uno specialista (è consigliabile non aspettare che il dolore diventi tale da non poter più muovere i piedi senza sofferenza) che molto probabilmente consiglierà un iniziale riposo di almeno 15 giorni, oltre all’ applicazione del ghiaccio sulla parte interessata e all’accortezza di indossare scarpe molto morbide e comode che possano ridurre il dolore al minimo. È molto importante seguire questa prima fase di riposo per evitare di allungare notevolmente il tempo della riabilitazione.

In alcuni casi può risultare utile l’utilizzo di un plantare che sostenga la pianta del piede e, nelle situazioni di infiammazione molto forte, si può ricorrere agli antidolorifici (es. infiltrazioni) per permettere quantomeno al paziente di appoggiare il piede a terra. Al termine di questa prima fase, subentra la fisioterapia, che avrà l’importante compito di studiare nello specifico il paziente per comprendere le cause meccaniche che hanno portato al sovraccarico. Solo così sarà possibile un trattamento mirato ed efficace. Nella maggior parte dei casi e in linea generale, possono risultare utili terapie quali: massaggi drenanti per decongestionare la zona; ultrasuoni per sfiammare la zona e stimolare la rigenerazione dell’osso; laserterapia che, penetrando a fondo, sfiamma e biostimola l’area interessata; tecarterapia e ipertermia per facilitare il processo di guarigione del piede colpito dall’infiammazione. Per finire, ci sono molti esercizi utili per la riabilitazione che possono essere svolti tranquillamente a casa in autonomia.

Laddove l’insieme di questi trattamenti non dovesse portare i risultati sperati, ma solo quando è davvero inevitabile, è opportuno valutare con lo specialista un intervento chirurgico.