Domanda:
Cosa comporta la patologia di cui soffre il famoso campione di tennis Rafael Nadal?
Risposta:
Nell’articolo di oggi ci si vuole addentrare in un tema che è ancora oggi avvolto da numerose incertezze: parliamo di una sindrome scoperta e descritta per la prima volta nel 1927 da due medici (da cui poi prese poi il nome) nota come sindrome di Müller-Weiss, e sulla quale gli studi eseguiti fino ad oggi non sono ancora riusciti a trovare delle spiegazioni e cure definitive.
Nelle ultime settimane, questa è stata nominata più e più volte dai mass media a seguito delle dichiarazioni del campione di tennis Rafael Nadal: dopo la vittoria al Roland Garros, il maiorchino ha infatti ammesso di soffrire terribilmente proprio a causa di questa patologia, tanto da poter giocare la finale in Francia solo grazie all’aiuto di alcune infiltrazioni al piede.
Cerchiamo comunque di capire, sulle basi delle informazioni che abbiamo, qualcosa di più su questa problematica.
Innanzitutto, questa sindrome è una osteocondrosi, una patologia degenerativa che di norma si manifesta tra i 40 e i 60 anni, statisticamente più nelle donne che negli uomini (su questo Nadal rappresenta un’eccezione, sia per l’età che per il sesso, spiegabile però col fatto che un agonista del suo calibro abbia subìto in anticipo le conseguenze di un carico esasperato e prolungato nel tempo sul piede), dovuta a un’alterazione del processo di accrescimento osseo e cartilagineo a carico di un osso situato nel centro del piede, denominato scafoide tarsiale o navicolare (perché a forma di navicella). La sindrome di Müller-Weiss si caratterizza per delle frammentazioni dell’osso, per delle deformità, oltre che per alcune necrosi di tratti dell’osso stesso e per la dislocazione dello scafoide. Purtroppo resta tuttora molto complesso individuare le ragioni di tutto ciò.
Il Prof. Montrasio, responsabile a Milano della USPeC (Unità Specialistica del Piede e Caviglia), ritiene che probabilmente le persone affette da tale sindrome possano averla sin dalla nascita anche se in forma asintomatica, per poi subire le conseguenze e i pesanti sintomi solo con l’avanzare dell’età. Questo è un problema non di poco conto, in quanto i pazienti vengono trattati molto spesso quando lo stadio della patologia è già molto avanzato, rendendo quindi le cure più complesse e meno efficaci. Di fatto, la sindrome causa una appiattimento del piede che provoca un dolore acuto e cronico soprattutto sul dorso (mesopiede) e che rende insopportabile la deambulazione. Nel caso di grave deformità del piede, questo può presentarsi alla vista come un piede piatto con retropiede varo.
La nota maggiormente negativa, oltretutto, è che ad oggi non esiste ancora una terapia specifica che possa garantire la guarigione. I tentativi che vengono fatti nell’ambito della terapia conservativa includono i farmaci antinfiammatori, le infiltrazioni (con attenzione a non abusarne) e la fisioterapia con azione antinfiammatoria, al pari dell’utilizzo di plantari semirigidi con lo scopo di ridistribuire il carico e correggere il varo del tallone. Soltanto come soluzione ultima e nei casi più gravi, si può ricorrere ad un intervento chirurgico (artrodesi e/o osteotomia) con l’obiettivo di ridurre il dolore, ristabilire la colonna mediale dello scafoide e correggere il varo del retropiede.