Domanda:
Ero a sciare e ho fatto una brutta caduta, riportando una frattura del piatto tibiale. Ma cosa sono nello specifico le fratture?
Risposta:
In questo articolo si vuole trattare un tema relativo alla categoria traumi che è purtroppo ricorrente e di grande attualità, basti pensare che la maggior parte delle persone ci si è trovata a fare i conti almeno una volta nella vita: stiamo parlando della fratture.
Per avere una panoramica chiara sul tema è utile introdurre dei brevi cenni di anatomia.
Innanzitutto, si parla di frattura quando avviene una rottura o una crepa in un osso: ciò può avvenire, nella maggioranza dei casi, per una forza lesiva applicata sull’osso, generalmente a seguito di un trauma o di un uso eccessivo dovuto ad esempio alla ripetizione di continue sollecitazioni sull’osso stesso, in questo caso si parla di fatture da stress o da sovraccarico funzionale. Chi subisce una frattura percepisce dolore acuto, con l’impossibilità di eseguire il movimento, e la parte lesionata può facilmente gonfiarsi oppure essere contusa, apparire curva/storta o fuori posto, oltre a un’eventuale perdita della sensibilità (classica sensazione di intorpidimento). Nel caso dei sintomi appena citati, ci si deve recare quanto prima (in modo da evitare peggioramenti/complicazioni) da uno specialista o in pronto soccorso, dove verrà eseguita la diagnosi grazie agli strumenti appositi (Rx, Tac o Rmn) e dove verrà eventualmente immobilizzata la parte tramite un’ingessatura; in alternativa, nei casi più gravi e soprattutto in presenza di fratture scomposte, si ricorre all’intervento chirurgico per la ricomposizione dei frammenti ossei.
È bene sapere che esistono vari tipi di frattura e la classificazione ad oggi più esaustiva è la seguente: in base al meccanismo lesivo si possono avere fratture per lesione, per torsione, per compressione, per strappamento; in base al numero di interruzioni si hanno fratture unifocali, bifocali, pluriframmentate; in base allo spostamento osseo avremo una frattura composta o scomposta. Da non dimenticare, in ultimo, le fratture esposte, cioè quando l’osso viene a contatto con l’esterno, con queste ultime che non vanno assolutamente sottovalutate in quanto è presente un’elevata possibilità di infezioni. In generale, comunque, non occorre fare drammi in quanto è appurato che si riesce a guarire definitivamente da una frattura senza troppi problemi, con la specifica della variabile tempo di guarigione, che va ovviamente correlata a numerosi fattori quali il tipo di frattura, la parte lesionata, le condizioni generali del paziente (età, presenza di altri disturbi, stato fisico ecc).
Ma cosa può fare un paziente per stare meglio nel periodo successivo a una frattura? Dopo aver osservato le classiche fasi che rientrano nell’acronimo price, ossia di protezione e riposo (per prevenire ulteriori lesioni), di ghiaccio e compressione (per ridurre gonfiore e dolore), del sollevamento (agevola il drenaggio dei liquidi causati dalla lesione), per ottenere il massimo beneficio può essere importante ricorrere alla fisioterapia. Le cure fisioterapiche possono cominciare subito dopo la rimozione del gesso oppure, se si parla di intervento, a seguito del via libera dello specialista. Le necessità in caso di immobilizzazione prolungata sono molteplici: contrastare la rigidità che si è generata in quel periodo, ad esempio attraverso esercizi attivi e passivi che servono a sbloccare l’articolazione, a ripristinare il movimento e di conseguenza a ridurre il dolore; occorre poi recuperare la forza e la massa muscolare perduta, grazie ad esercizi mirati utili alla stimolazione dei muscoli specifici senza che si gravi sull’articolazione; infine, soprattutto nelle fratture degli arti come mani e piedi, ci si deve concentrare sulla capacità di esecuzione dei movimenti di precisione (si pensi alla scrittura a mano), ottenibile grazie a una rieducazione mirata che viene indicata di volta in volta dal fisioterapista.