Domanda:
cosa sono le lussazioni e le sublussazioni?
Risposta:
Nel presente articolo si vuole trattare un tema legato a un problema davvero molto comune nella popolazione sia sportiva che non: i traumi alla spalla e, più in dettaglio, le lussazioni o sublussazioni.
La maggior parte delle articolazioni del nostro corpo, com’è noto, permettono uno o più movimenti. La spalla, a differenza di tutte le altre e per la sua struttura anatomica (che comprende ben 5 articolazioni al suo interno), consente una libertà di movimento ancora più ampia sui 3 piani dello spazio ed è molto facile accorgersi di questo, basti pensare alle numerose attività giornaliere da noi svolte che coinvolgono la spalla, come ad esempio lavarsi i denti, vestirsi, guidare ecc. Se a ciò si aggiunge il mondo degli sport, ci si rende subito conto di come questa sia una delle articolazioni più sollecitate in assoluto, si pensi a: pallavolo, tennis, rugby, basket, nuoto, ginnastica artistica, pugilato e molti altri. Ora, se da un lato quest’ampia gamma di movimenti che la spalla può compiere è una grande risorsa per il corpo, dall’altro lo espone a maggiori fattori di rischio che possono concorrere a determinare un’ instabilità della spalla.
Fatta questa premessa, è utile delineare la differenza fra una sublussazione e una lussazione di questo arto: fondamentalmente si tratta di una perdita di continuità articolare fra due articolazioni attigue che è parziale nel caso della sublussazione ed è invece totale nella lussazione.
Affinché si determini questa perdita di continuità, al contrario di ciò che si pensa, non deve per forza presentarsi un trauma violento, molto spesso infatti è sufficiente un trauma diretto o indiretto alla spalla, alle volte anche lieve. Gli eventi più frequenti che si possono segnalare sono la classica caduta con appoggio sul braccio (ciò avviene per un meccanismo fisiologico di protezione), il movimento improvviso di rotazione con il braccio alto sopra la testa (es. nel baseball), un trauma diretto laterale alla spalla ecc. Solo in rari casi, invece, il problema può avere le radici in una lassità articolare congenita (o acquisita da precedenti lussazioni), in cui i tendini e le strutture sono meno rigide del normale.
A fronte di ciò, una volta che si ha il sospetto di aver subìto una (sub)lussazione (il sintomo più chiaro è il dolore acuto associato all’impossibilità di eseguire alcuni movimenti), occorre rivolgersi il prima possibile ad un ortopedico che potrà, tramite una valutazione clinica e magari col supporto di una Rx o risonanza magnetica, stabilire se c’è evidenza di una lesione. Nel caso in cui l’evento fosse confermato, senza perdere tempo per non peggiorare ulteriormente la situazione, bisogna porre le basi per una cura. Inizialmente l’ortopedico potrà consigliare, soprattutto per i primi tempi, l’uso di un tutore per mantenere la spalla il più possibile immobilizzata. A seguito di questa fase di immobilità, è bene iniziare un percorso fisioterapico ad hoc di tipo conservativo (basato su età e storia clinica del paziente, dinamica della lussazione, richiesta funzionale ecc). In media, una buona riabilitazione può durare all’incirca dai 3 ai 6 mesi. In generale, lo scopo della fisioterapia per la lussazione alla spalla è: favorire il recupero articolare, facendo attenzione al miglioramento della rotazione esterna; ripristinare forza e resistenza muscolare, in particolare dei muscoli stabilizzatori; migliorare il controllo dell’articolazione e del gesto funzionale o sportivo nel caso di atleti.
Possono essere consigliate, a seconda dei casi, delle terapie strumentali come la laseterapia, oppure può essere sufficiente una mobilizzazione passiva assistita per recuperare gradualmente il movimento naturale dell’arto.